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La presidente di Confindustria Udine, Anna Mareschi Danieli, e l’economista tedesco Daniel Gros

“Confindustria Udine incontra”, Daniel Gros: integrazione europea più facile con un’Italia più affidabile

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“Se, dopo la cura Draghi – ma un anno di certo non basta -, avremo un’Italia più forte, più credibile e più affidabile, allora anche l’integrazione europea sarà più facile”.

Lo ha affermato l’economista tedesco Daniel Gros, direttore del Ceps, Centre for european policy studies, ospite questo pomeriggio del terzo appuntamento di “Confindustria Udine incontra”, un ciclo di eventi online promossi dall’Associazione degli industriali della provincia di Udine con personaggi di fama internazionale del mondo dell’economia e dell’impresa. 

“L’obiettivo della nostra iniziativa – ha ricordato la presidente di Confindustria Udine, Anna Mareschi Danieli, che ha dialogato con Gros – è quello di fornire ai nostri imprenditori gli strumenti per fare strategia con slancio propositivo”.

Mareschi Danieli, in apertura di confronto, è partita da due recenti affermazioni, “condivisibili”, di Daniel Gros. La prima: “in Italia non è un problema di chi guida il Governo”; la seconda: “bisognerebbe fare un’Altra Italia”. “Eppure – ha commentato Mareschi Danieli – posso dire che da quando è arrivato Draghi mi sento decisamente più sollevata. Sulla necessità di cambiare il Paese, siamo invece perfettamente d’accordo. Confindustria e quindi noi qui, dall’estremo nord est, ci battiamo giornalmente per offrire soluzioni ai troppi problemi strutturali del nostro Paese”.

“La mia esperienza – ha evidenziato, da parte sua, Gros – è che gli uomini contano, ma fino a un certo punto. Contano forse di più in tempi eccezionali, ma il destino di una nazione alla fine dipende di più dal sistema Paese – ha risposto l’economista -. Spesso ci vuole uno choc per cambiare veramente: avere un leader eccezionale come Mario Draghi può offrire una speranza in più, ma Draghi da solo non può farcela. L’auspicio, questo sì, è che lui possa riuscire a snellire l’apparato burocratico italiano e a incentivare a un cambiamento dei comportamenti. E’ un traguardo difficile, ma qualcosa potrebbe sicuramente cambiare in meglio”. 

“Ma Draghi – ha chiesto al riguardo la presidente – è un tecnico o un fine politico?” 

“Mario Draghi – ha risposto Gros – ha occupato nella sua vita posizioni dove la politica e la sostanza si mescolano. Draghi è un super tecnico, che riconosce i limiti che gli vengono posti dalla politica”.

E, sempre su Draghi, che ha fatto presente che gli aiuti vanno indirizzati verso le imprese che si possono salvare, Gros ha sposato appieno le parole della presidente secondo cui “gli aiuti generalizzati fanno male sia a chi è in crisi, perché riceve di meno di quello che gli servirebbe per superarla, ma fanno male anche a chi non è entrato in crisi, perché comunque si inseriscono limitazioni pesanti e generalizzate, come il blocco dei licenziamenti, che vanno a irrigidire quella flessibilità assolutamente necessaria per la sopravvivenza della competitività aziendale”. 

“La sfida per Draghi è riuscire a conciliare la protezione del lavoratore e delle imprese. Personalmente – ha concordato infatti Gros – ho sempre pensato che il blocco dei licenziamenti vada abolito il prima possibile, considerando che era già stata disposta la cassa integrazione. La flessibilità deve essere assicurata tanto più al settore manifatturiero, che ha tenuto durante la pandemia e che, da sempre, applica un profondo turn-over”. 

Mareschi Danieli ha quindi fornito un dato ‘spiazzante’: “Se le imprese italiane avessero la stessa struttura dimensionale di quelle tedesche -ha sottolineato citando uno studio di banca d’Italia -, la produttività media del lavoro nell’industria e nei servizi di mercato sarebbe superiore di oltre il 20%, superando anche il livello della Germania stessa”. “Cosa sarebbe quindi il tessuto industriale italiano a parità di sistema economico, politico e sociale? Questa – ha aggiunto Mareschi Danieli – è la grande forza che abbiamo: efficienza e flessibilità. Per le nostre imprese queste due caratteristiche sono una questione di sopravvivenza, non una scelta. Resta il fatto che il grande problema del sistema industriale italiano è la bassa produttività, ovvero la scarsa capacità di crescere. E questo dipende da diversi fattori primi fra tutti: scarsi investimenti in innovazione, lo skill missmatch, e la mancata convergenza economica del Mezzogiorno”. 

Sul punto Gros ha ricordato che “l’Italia è la seconda manifattura europea dopo la Germania e questo, nonostante tutti i problemi ricordati prima, va a merito delle sue industrie e dei suoi imprenditori. Certo, un Governo può intervenire non solo sul taglio delle tasse, ma anche abbassando la spesa. L’Italia spende quanto la Svezia per abbattere la diseguaglianza sociale, ma i risultati non sono gli stessi. Spendendo meglio, si potrebbero anche abbassare le tasse. Poi però ci sono tanti problemi da risolvere: uno tra questi è certamente il fatto che l’Italia rimane ancora uno dei Paesi europei con la percentuale più bassa di giovani laureati”.  

Mareschi Danieli ha poi ribadito la propria soddisfazione per l’approccio europeista, oltre che atlantista, del programma di Governo di Draghi. “E’ un dato di fatto – ha però aggiunto – che l’Europa debba essere riformata”. “Il mio parere – ha controbattuto l’economista – che un Governo faccia le cose che devono essere fatte, indipendentemente dall’etichetta di uno Stato filoeuropeo o meno. Se avremo un’Italia più forte, più credibile e più affidabile, l’integrazione europea sarà più facile”.  

Lo sguardo è poi stato volto agli scenari internazionali. 

Se si ritrovassero a votare oggi, i britannici sceglierebbero di nuovo la Brexit?

“Il risultato sarebbe stato diverso, ma non così diverso- ha risposto Gros -, che, interrogato sulla Cina, ha prefigurato per lei ancora un futuro da gigante, con ampi margini di crescita, ma con sempre tante cautele sulle sue aperture finanziarie”.  

Mareschi Danieli e Gros hanno anche focalizzato l’attenzione sulla nostra regione con gli ingenti investimenti del porto di Amburgo e di Duisburg sulla piattaforma logistica di Trieste come baricentro alternativo ai grandi porti del nord Europa. Ma questa mossa significa uno stop agli appetiti cinesi? 

“Dubito – ha risposto Gros – che Duisburg e Amburgo abbiano seguito le indicazioni del Governo tedesco, credo che abbiano guardato solo ai calcoli economici. Trovo esagerato che la Cina faccia investimenti strategici per dominare i porti europei. I cinesi possono anche comprare il Porto, ma hanno bisogno di concessioni e permessi, in virtù dei quali ogni investimento estero diventa ostaggio della nostra buona volontà”.  

Nel commentare il rinnovato interesse bilaterale tra l’Europa e Pechino alla luce del recente accordo sottoscritto da Ursula von der Leyen con Xi Jinping sulla liberalizzazione degli investimenti diretti esteri in Cina, Gros ha evidenziato al riguardo che l’accordo sugli investimenti è bilaterale, ma il negoziato parte da un punto di oggettiva debolezza dell’Europa: di fatto, rispetto alla Cina, l’Europa è già aperta”.  

Il dialogo è poi inevitabilmente scivolato sul presidente Draghi ‘salvatore dell’euro’.  La curiosità della presidente Mareschi Danieli è stata quella di sapere se Gros avesse cambiato opinione o meno rispetto a quanto da lui espresso circa il fatto che, secondo lui – a differenza dal parere della BCE – il Quantitative easing non abbia contribuito in maniera così decisiva a quella che era una ripresa, già iniziata a priori dell’attivazione di questo programma. “Non ho cambiato idea – ha confermato il direttore del Ceps –. Draghi ha fatto un’ottima mossa, quasi obbligatoria, che ha avuto però il benestare di Berlino, ma non è stata decisiva. L’impatto, a mio giudizio, è stato marginale, ma comunque non ha fatto dei danni”. 

Ma come viene vista l’industria italiana da Berlino? 

“Premetto – ha risposto Gros – che per i tedeschi ci sono tante Italie e sarebbe opportuno fare dei distinguo.  L’Italia è comunque diventata meno importante di prima, visto che la Germania ha oramai un interscambio commerciale praticamente di pari valore con la Polonia”. 

In conclusione, la presidente ha chiesto al professore di sintetizzare, nello scenario post pandemico, le misure indispensabili per la competitività delle nostre imprese. “E’ giusto dire che la differenza andrà nel servizio pre e post vendita perché oramai la qualità la fanno tutti?”. L’economista non ha avuto dubbi: “E’ corretto e vale soprattutto per l’impiantistica. Ho l’impressione che bisognerà specializzarsi sempre di più; le nicchie diventeranno sempre più piccole e la concorrenza cinese sarà ancora più agguerrita”.