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Slaven Tolj, The site of the stroke, 2018-2021, objects and a photograph, (ph Boris Cvjetanović, courtesy of the artist and Galerie Michaela Stock, Vienna)

Intermezzo: Giovanni Morbin / Slaven Tolj in mostra a Trieste dal 31 ottobre all’8 dicembre

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Trieste Contemporanea è lieta di presentare Intermezzo, mostra degli artisti Giovanni Morbin e Slaven Tolj. Il progetto, curato da Daniele Capra, presenta una decina di opere che spaziano dalla scultura al video, dall’intervento site-specific alla performance.

Intermezzo (31 ottobre – 8 dicembre) analizza come l’opera possa essere intesa quale elemento interstiziale di relazione tra il corpo dell’artista e il contesto in cui si manifesta. Nel linguaggio teatrale l’intermezzo è un intervallo di pausa che segna la divisione tra più parti di una rappresentazione o di uno spettacolo, e viene considerato quale elemento di interruzione del flusso narrativo: è una parentesi transitoria che prevede la sospensione della finzione e segna momentaneamente il ritorno alla realtà del quotidiano. È uno spazio breve di ibridazione in cui lo spettatore avverte la sovrapposizione tra la scrittura di finzione dell’opera e quella della propria vita (realizzata dalla realtà, dal proprio sistema di relazioni, dall’ideologia, dal contesto).
Intermezzo sottolinea come l’opera, tanto più nel caso di autori che praticano la body art e la performance come Morbin e Tolj, sia un habitus incerto e aperto, uno spazio di mediazione e di frontiera, ma anche di straniamento, poiché lo spettatore non sempre conosce le convenzioni che in quel contesto si praticano o ha consapevolezza di ciò che sta accadendo. Nel suo essere elemento di mezzo tra le istanze espressive e l’ambiente in cui si muove lo spettatore, l’opera diventa una sorta di seconda pelle, dotata anche di funzioni espressive. Essa riveste e tiene al caldo gli aspetti più intimi e complessi del soggetto, ma, contemporaneamente, veicola all’esterno le percezioni e l’energia fisica e psichica che possiede.

La ricerca di Giovanni Morbin è caratterizzata dall’analisi del comportamento e della postura, dell’ingombro, della presenza del corpo e delle sue proiezioni all’esterno attraverso la performance e la scultura.
Nelle opere presenti in mostra come la serie Non sto più nella pelle, l’artista sposta sulla superficie esterna porzioni significative del proprio corpo, realizzando degli autoritratti concettuali grazie all’impiego dei propri fluidi ematici: in tale modo il suo corpo prende una forma liquida e diventa intimamente elemento di scrittura, di segno e disegno, ma anche di traslazione del proprio volume al di fuori del proprio corpo.
Scultura sociale è un’opera in costante divenire costituita da elementi modulari semisferici in metallo, liberamente componibili, che si mettono in relazione con l’esistente, potendo accoppiarsi con sedie, tavoli, porte, armadi, o qualsiasi altro oggetto. È una scultura “sociale” proprio per la sua capacità di introdursi in un contesto e interagire con esso in forma funzionale e visiva, essendo capace, anche ironicamente, di attaccare bottone spontaneamente con l’esistente.

La pratica di Slaven Tolj è frutto di un profondo scavo interiore, in cui sono frequentemente fusi elementi della vita personale dell’autore e lucida analisi del contesto socio-politico, che vengono condensati nella forma della performance e della scultura.
Tra le opere in mostra The site of the stroke è un ready-made dal sapore esistenzialista costituito da un abito da uomo di taglio sartoriale che è stato reso sostanzialmente inservibile, poiché molte delle aperture sono state cucite con del filo rosso: è uno spazio vuoto, un volume che è dotato di forma ma non riesce ad avere una funzione poiché un vincolo (visibile) lo blocca, riconducendolo a essere un complemento, un oggetto che non produce effetto, come spesso capita agli uomini nelle questioni più salienti della propria vita.
L’opera A tattoo of the logo of Rijeka’s Museum of Modern and Contemporary Art Rijeka è stata realizzata nelle settimane successive alla sua nomina a direttore del MMSU, quando Tolj decide di farsi tatuare sulle spalle il logo del museo. È un’opera intima e insieme sottilmente politica rispetto alla condizione di essere artista e al sistema dell’arte. L’artista testimonia infatti da un lato il suo totale impegno personale verso il nuovo ruolo istituzionale; ma anche il fatto che, in qualità di artista, spesso i musei sono un marchio e un metro di giudizio rispetto alla significatività del proprio lavoro durante la propria carriera.

Per la visita è richiesto il Green Pass e l’uso della mascherina.