Al momento stai visualizzando Venerdì 6 maggio a Gorizia, Palazzo  Coronini, apre la mostra Nihon Fūzokue. Mode e luoghi nelle immagini del Giappone Edo-Meiji
Utagawa Kunisada II (Toyokuni IV) (1823-1880), “Convolvoli e beltà con ventaglio uchiwa”, dalla serie Genji alla moda abbinamento di fiori, 1861,  silografia policroma

Venerdì 6 maggio a Gorizia, Palazzo Coronini, apre la mostra Nihon Fūzokue. Mode e luoghi nelle immagini del Giappone Edo-Meiji

  • Categoria dell'articolo:Gorizia
  • Autore dell'articolo:
  • Tempo di lettura:7 minuti di lettura

Se l’esotismo ha sempre esercitato un forte fascino sull’Europa, come testimoniato nel Settecento dal gusto sfrenato per le cosiddette “cineserie”, la passione per l’Oriente e in particolare per il Giappone riesplose prepotentemente dopo il 1854, quando l’ingresso della flotta statunitense del commodoro Perry nella baia di Yokohama impose trattative per l’apertura dei porti giapponesi alle navi occidentali. L’improvviso e massiccio afflusso di opere e merci nipponiche in Occidente, dalle porcellane alle lacche, dalle raffinatissime stampe ai netsuke (i piccoli ciondoli comuni all’abbigliamento tradizionale dell’epoca) provocò una vera e propria ondata di “giapponismo” che investì ogni settore della produzione artistica dell’epoca. Le stampe, in particolare, divennero subito oggetto di un collezionismo diffuso. Lo stesso conte Guglielmo Coronini Cronberg non rimase indenne: a lui si deve infatti l’acquisto, negli anni Settanta del Novecento, di oltre 300 di queste opere, che saranno esposte al pubblico per la prima volta nella mostra NIHON FŪZOKUE. Mode e luoghi nelle immagini del Giappone Edo-Meiji. La collezione Coronini Cronberg di Gorizia, che sarà inaugurata venerdì 6 maggio 2022 nella splendida dimora storica goriziana. Del nucleo di silografie a colori e illustrazioni di volumi a stampa in bianco e nero, sono stati selezionati i pezzi più pregevoli e significativi per raccontare la storia, la vita quotidiana, gli usi e i costumi di un paese che a lungo gli europei percepirono come la quintessenza dell’esotismo. Le opere giapponesi appartenenti alla collezione della Fondazione Palazzo Coronini Cronberg sono testimonianza del successo nazionale e internazionale del filone artistico dello ukiyoe (“immagini del mondo fluttuante”), così come del ruolo centrale che l’editoria ricoprì a partire dall’epoca Edo (1603-1867) nel processo di alfabetizzazione e di diffusione di prodotti a stampa anche a scopo di intrattenimento.

Gli svaghi del “mondo fluttuante”: beltà, attori e paesaggi

Dopo quasi un secolo e mezzo di guerre civili, all’inizio del XVII secolo il Giappone era entrato in un periodo di relativa stabilità sociale, grazie al governo insediato nella nuova città di Edo (l’attuale Tōkyō) dal casato militare dei Tokugawa e dal Generalissimo, lo shōgun, mentre l’imperatore e la sua corte continuavano a mantenere i propri rituali e un’autorità solo nominale nell’antica capitale Kyōto. Durante gli oltre duecentocinquant’anni del governo Tokugawa, contraddistinto da una politica isolazionistica, il Giappone aveva sviluppato tutte le caratteristiche di una società complessa e moderna. Il mercato editoriale, rivolto anzitutto a soddisfare le richieste della nuova classe dei chōnin, il ceto mercantile che gravitava intorno ai grandi centri urbani, contribuì, infatti, a divulgare la dimestichezza con luoghi, spettacoli, personaggi famosi, usi e costumi, attraverso libri di scrittori di professione, illustrati dai grandi artisti del tempo, ma anche immagini singole, vendute come souvenir da collezionare. Le stampe prodotte in epoca Edo celebravano anzitutto le speciali attrattive che i grandi centri urbani avevano da offrire: il cosiddetto “mondo fluttuante” o ukiyo, ovvero un mondo di evasione costituito dai quartieri di piacere, come quello di Yoshiwara, nella zona a nordest di Edo, con le sue cortigiane che attiravano visitatori da tutto il Giappone, e il distretto del teatro, dove gli attori kabuki mettevano in scena storie di amori sfortunati o di drammatiche vendette. Strettamente connessi al kabuki erano anche i ritratti di grandi guerrieri della storia cinese e giapponese. Le immagini di paesaggi, che si svilupparono invece come genere specifico all’inizio del XIX secolo, riflettevano in parte il crescente interesse per il pellegrinaggio e il turismo domestico che, a sua volta, derivava dalla più antica tradizione dei meisho (luoghi famosi). L’affermazione del paesaggio nell’opera di artisti rinomati come Katsushika Hokusai e Utagawa Hiroshige, e la conseguente diffusione delle loro stampe in Occidente, diede al genere una fama universale.

Il rapporto con l’Occidente e la Cina in era Meiji

L’era Meiji (1868-1912) rappresentò una fase di intense trasformazioni culturali e istituzionali nella società giapponese. Dopo l’apertura dei suoi porti nel 1854, il Giappone fu vincolato ai trattati commerciali stipulati con le nazioni occidentali. Dal 1868, l’abrogazione della dittatura militare degli shōgun e il ripristino di un potere imperiale effettivo favorirono l’importazione di tecnologie avanzate e l’affermarsi di istituzioni moderne, grazie a cui il Giappone si trasformò rapidamente in una grande potenza industrializzata. Le stampe, considerate un mezzo di intrattenimento popolare ma anche di propaganda politica e ideologica, riflettono in maniera significativa i rapidi cambiamenti di questo periodo, dando spazio a nuovi soggetti, come le scene del conflitto con la Cina (1894-1895), con la raffigurazione di armi e armamenti di nuova generazione e battaglie navali, l’incontro con l’Occidente con le sue novità scientifiche e tecnologiche e i suoi aspetti esotici, come il circo con gli elefanti. Allo stesso tempo si assiste all’introduzione di espedienti tecnici tipicamente occidentali come la prospettiva, gli effetti chiaroscurali, le ombre e il disegno dal vero.

Natura, mode e vita quotidiana del Giappone nei libri silografici illustrati

Una parte consistente delle opere giapponesi conservate nelle collezioni Coronini è costituita non da stampe singole ma da pagine provenienti dai popolarissimi e diffusissimi libri illustrati. I primi libri a stampa, prodotti fin dall’inizio del XVII secolo con la tecnica dei caratteri mobili, sostituiti in seguito da blocchi silografici che comprendevano l’intera pagina, erano soprattutto testi di carattere storico e religioso. Ciò che contava era principalmente la qualità estetica della scrittura, mentre le immagini avevano un ruolo minore e subordinato al testo. Con il tempo e la crescita delle potenzialità economiche legate alla produzione e distribuzione dei libri, le immagini, realizzate spesso da artisti famosi dello ukiyoe come Suzuki Harunobu o Katsushika Hokusai e i suoi allievi, acquistarono un’importanza sempre maggiore, diventando il contenuto principale se non esclusivo di questi prodotti editoriali. I libri illustrati divennero rapidamente un genere di grande successo, in grado di trasformarsi nel tempo, di adattarsi ai mutamenti dello stile e del gusto e di affermarsi come uno dei principali canali di diffusione del sapere, della cultura, della letteratura storica e contemporanea, dell’intrattenimento e delle nozioni pratiche. Come bene testimoniano gli esemplari Coronini, i temi trattati erano infatti i più svariati: si trovano testi di calligrafia, manuali di pittura, repertori di animali e piante, rappresentazioni di attività quotidiane e viaggi, immagini satiriche. Pagine sciolte che, nei loro tratti ora essenziali ora più elaborati e ricercati, offrono un affascinante spaccato della società giapponese in un periodo storico di straordinaria vitalità culturale e di grandi trasformazioni.

La mostra è ideata da Rossella Menegazzo e Virginia Sica dell’Università degli Studi di Milano. Il catalogo edito dalla LEG è a cura di Cristina Bragaglia Venuti, Rossella Menegazzo, Cristian Pallone, Virginia Sica.

Realizzata grazie al contributo della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia e della Fondazione Cassa di Risparmio di Gorizia, con la collaborazione dell’Archivio di Stato di Gorizia e del Comune di Gorizia e, per gli eventi collaterali, dell’Associazione YKIAT di Trieste con la partecipazione del Civico Museo di Arte Orientale di Trieste, la mostra gode del patrocinio del Consolato Generale del Giappone a Milano, del Dipartimento di Lingue, Letterature, Culture e Mediazioni dell’Università degli Studi di Milano, del Dipartimento di Beni culturali e ambientali dell’Università degli Studi di Milano, del CARC (CONTEMPORARY ASIA RESEARCH CENTRE) e di AISTUGIA (Associazione Italiana per gli Studi Giapponesi) e per il catalogo anche della collaborazione del Dipartimento di Lingue, Letterature e Culture straniere dell’Università degli Studi di Bergamo.