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Federico Faggin, “padre” del microprocessore e del touchscreen, protagonista di un evento sold out ospitato in Confindustria Udine

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“Il futuro è del computer quantistico, che andrà sicuramente più veloce di quello classico. Non potrà fare tutto, anche se non è ancora ben chiaro cosa potrà fare. Di certo ‘scasserà’ la crittografia classica. A mio parere funzionerà al punto tale da riuscire a comprendere come va la vita, che è sì un sistema classico, ma anche quantistico”. 

Parole – e profezia – di Federico Faggin, fisico, inventore e imprenditore di origini vicentine e statunitense d’adozione, cui si deve l’invenzione del microprocessore – quel pezzettino di silicio senza il quale non avremmo il personal computer e neppure lo smartphone – che ha aperto le porte all’era dell’informazione rivoluzionando il mondo della tecnologia.

Considerato il ‘padre’ pure di un’altra applicazione che ha fatto la storia – il touchscreen –, Faggin, già premiato dal presidente Barack Obama per i suoi contributi pioneristici all’innovazione tecnologica, è stato ospite questo pomeriggio nella Torre di Santa Maria di un incontro sold out sul tema Microprocessori: passato, presente e futuro – Le industrie friulane dal primo microchip al quantum computer”, promosso da Confindustria Udine in collaborazione con FEC Italia e il Digital Innovation Hub Udine.

Faggin ha dapprima raccontato come, da perito industriale e laureato in fisica, si sia trasferito, nel 1968, negli USA a titolo definitivo per diventare, tra l’altro, capo progetto e designer dell’Intel 4004, il primo microprocessore al mondo. Nel 1974 fondò e diresse ZiLOG, la prima azienda dedicata esclusivamente ai microprocessori, presso cui dette vita al famoso microprocessore Z80, ancora oggi in commercio. Nel 1986 Faggin co-fondò e diresse la Synaptics, che sviluppò i primi touchpad e touch screen. “Quest’ultimo – ha rivelato – viveva un mercato stagnante fino a quando Steve Jobs ci chiese come Apple di averne l’esclusiva. Noi ci siamo rifiutati e loro lo hanno sviluppato in autonomia, favorendo di fatto l’apertura del mercato di cui anche noi traemmo grandi benefici a livello di fatturato”.  

L’attività di imprenditore, a un certo punto della sua vita, è stata divisa con quella di esploratore dell’anima. “Raggiunti i quarant’anni, colmo si successo e di fama – ha raccontato -, ho avuto il coraggio di scoprimi inquieto e infelice. Ed ho iniziato un’esperienza spiritualista per esplorare la natura della coscienza. Nello specifico della mia conoscenza, visto che noi possiamo solo conoscere noi stessi”. 

Già perché la coscienza diventa fondamentale. “L’uomo – ha evidenziato Faggin – deve saperla più del computer. A differenza sua, ha il libero arbitrio, la creatività e la coscienza appunto, che altro non è se non l’abilità di conoscere la vita attraverso sensazioni e sentimenti la vita. Per risparmiare fatica non dobbiamo prendere per certezze le soluzioni che la macchina ci propone, ma sempre controllarle perché contengono errori, vedi ad esempio le traduzioni online. Non dimentichiamolo: siamo noi ad aver creato le macchine e, anche per questo, loro saranno sempre un passo indietro in quanto non abbiamo potuto dare loro ancora la creatività. Il libero arbitrio è ciò che ci distingue come essere umani e pure la consapevole che siamo esseri umani che muoiono e che quindi devono pensare al futuro e alle nuove generazioni”. 

“Faggin – ha sottolineato la vicepresidente di Confindustria Udine, Anna Mareschi Danieli è – senza retorica alcuna – un grande italiano. La sua storia straordinaria è un po’ l’emblema di che cosa siamo noi italiani, in termini di genio creativo e capacità imprenditoriale, e al tempo stesso della nostra difficoltà di esserne consapevoli e di far conoscere in tutto il mondo quello che valiamo”.

“Questo incontro – ha aggiunto Mareschi Danieli – rappresenta una grande opportunità per esplorare l’evoluzione del supercalcolo, ma anche per raccontare un’altra storia, pressoché sconosciuta: quella del nostro territorio, fatto da aziende che fin dalle origini sono state protagoniste della rivoluzione del microchip e oggi guardano al futuro. Anche se oggi in Italia è molto difficile che nascano nuove realtà sui chip, in quanto non c’è sufficiente conoscenza di questo processo industriale. Anche le start up, per emergere, devono emigrare all’estero per trovare finanziamenti. Due limiti sui quali dovremmo riflettere, cercando di porvi rimedio. Ne va della competitività del territorio, ma anche della sua tenuta sociale”.

“Abbiamo davanti a noi un mondo di potenzialità, di possibilità enormi e di creatività sfrenata. Ci sono nuove frontiere da esplorare, basti pensare al quantum computer. Una cosa è certa: la strada è tracciata e pone il nostro sistema produttivo di fronte a un bivio: o sei dentro o sei fuori, ma se stai fuori, è difficile che tu sopravviverai. Questa si chiama evoluzione. Serve consapevolezza, etica e responsabilità per affrontare questo mondo che corre sempre più veloce e che presenta un’innovazione costante e continua sempre più spinta. Siamo tutti d’accordo su un suo utilizzo regolamentato. Ricordiamoci però – ha concluso la vicepresidente – che manipolare attraverso un servizio Internet la mente umana è molto diverso dal voler rendere intelligente un processo industriale, un prodotto o un impianto”.

Dal canto suo Vincenzo Verità, fondatore di FEC Italia, ha raccontato la genesi dell’incontro: “Ho avvertito il bisogno profondo di organizzare questo evento, una volta appreso che Federico Faggin sarebbe tornato in Italia. Volevo offrire a tutti noi l’opportunità di comprendere appieno l’immensa portata delle sue invenzioni e come abbiano avuto un impatto significativo sulle nostre vite, in primis sulla mia in quanto mi occupo da oltre 40 anni di personal computer.  Ho pensato questo incontro come l’occasione non solo per condividere le esperienze del passato, ma anche per esplorare il modo in cui le imprese e gli imprenditori friulani si sono distinti e sono diventati protagonisti nel mercato dei personal computer in Italia e non solo. Siamo qui per imparare, condividere e ispirarci reciprocamente. Per ribadire come l’innovazione, la determinazione imprenditoriale e la collaborazione possano plasmare il nostro futuro”.

L’evento si è concluso con una tavola rotonda, moderata da Maurizio Melis, noto divulgatore di scienza e tecnologia e conduttore del programma “Smart City, voci e luoghi dell’innovazione” su Radio 24, cui hanno partecipato, oltre allo stesso Faggin, anche Dino Feragotto, co-fondatore di ASEM Spa, co-fondatore di Eurotech Spa, imprenditore e innovatore nell’industria manifatturiera, nonché vicepresidente di Confindustria Udine con delega all’Innovazione, Renzo Guerra, co-fondatore di ASEM Spa, imprenditore e protagonista dell’industria Italiana del PC e della PC based Industrial Automation, e Roberto Siagri, co-fondatore di Eurotech Spa, imprenditore e innovatore nel settore del DeepTech.

Durante la tavola rotonda si è parlato, tra l’altro, di tendenze attuali e future – come l’integrazione di intelligenza artificiale, l’ottimizzazione energetica e quantum computing – nella progettazione e nello sviluppo di microprocessori, della rincorsa dell’UE per recuperare il ritardo nell’industria dei chip e dei nuovi paradigmi tecnologici (neural network, computer quantistici) dove non esiste ancora una leadership industriale consolidata.

Per Feragotto “i microprocessori, determinando il passaggio da logiche meramente combinatorie a logiche consequenziali, hanno cambiato anche l’approccio filosofico al mondo dell’elettronica. Tutto quello che abbiamo oggi – dal computer allo smartphone – si basa sui microprocessori. Eppure, nonostante che in Italia operi la ST, una delle industrie di semiconduttori più rilevanti d’Europa, manca al nostro Paese la capacità di far crescere nuove startup che sviluppino tali tecnologie. I costi in questo campo sono peraltro elevatissimi e noi, affetti come siamo dalla sindrome di Nimby (Not In My Back Yeard, non nel mio cortile), abbiamo impedito che aziende straniere venissero ad investire cospicui capitali qui in Italia”.

È realista pure Siagri: “Credo anch’io che l’Italia abbia perso il treno del silicio dove la riconquista della supremazia implicherebbe ingenti risorse e specializzazioni che qui mancano.  Pur restando quella del silicio un’area che non andrebbe comunque abbandonata, ritengo che, se una leadership si volesse recuperare, andrebbe cercata nel settore delle tecnologie quantistiche dove la partita è aperta e si giocherà nei prossimi 3-4 anni. È in questo settore che si potrebbe prendere un vantaggio competitivo, a patto che il nostro Paese, unico fra gli Stati del G7 a non averlo ancora fatto, si doti di una strategia precisa. Francia e Germania hanno messo sul tavolo già due miliardi di euro ciascuno, da noi invece la risposta finora è stata quello di togliere 300milioni di euro alle startup. Ripeto: dobbiamo guardare e investire sul futuro”.

“Nella sfida dei computer quantistici, trattandosi di un mercato che sta nascendo ora, partiamo in linea teorica tutti alla pari, ma di fatto – è il parere di Renzo Guerra -, l’Italia, storicamente, si è sempre trovata nella posizione di dover inseguire, appesantita com’è da una scarsa propensione all’investimento. La stessa storia di Faggin ne è un esempio: una creatività e genialità tutta italiana che per trovare consacrazione è dovuta andare all’estero dove viene pianificata sempre in anticipo la capacità di investimento pubblico e privato. A dire il vero, anche negli anni ’70 e ‘80 l’Italia non era mai stata protagonista nell’elettronica primaria; eravamo invece stati bravi noi imprenditori friulani a comprendere, prima di tanti altri in Italia, l’importanza del silicio spingere sul suo utilizzo e sulle sue applicazioni”.